Info da Atenei, bimestrale del Ministero dell'Università e della Ricerca, 5-6, 2005, Le Monnier, Firenze
Il sistema di ricerca in Italia non è, per quantità, all’altezza della sfide che abbiamo di fronte. La cause prossime sono conosciute. Investiamo in ricerca scientifica in percentuale sul prodotto nazionale lordo la metà della media europea, un terzo rispetto a Stati Uniti e Giappone, un quarto rispetto a Svezia o Finlandia.
UNIVERSITÀ E RICERCA: IL NUOVO RINASCIMENTO
Produciamo il 14% della ricchezza dell’Unione, ma partecipiamo solo con il 7% agli investimenti europei in ricerca scientifica.
Siamo tra le prime otto potenze economiche mondiali, ma ci collochiamo tra il 20° e il 30° posto per quasi tutte le classifiche sull’intensità del «sapere». È questa la «causa profonda» delle nostre difficoltà. È questo che spiega perché un membro del G8 ha davanti a sé almeno 40 altri Paesi che sanno competere di più e meglio sui mercati internazionali. Tutto il sistema di ricerca italiano ha punti deboli. Il sistema pubblico di ricerca è sottodimensionato rispetto a quello di altri grandi Paesi europei o agli Stati Uniti. Lo Stato italiano investe in ricerca meno di altri Stati. Ma i ricercatori delle nostre università e degli Enti pubblici di ricerca hanno, come abbiamo detto, una produttività del tutto analoga, talvolta persino superiore, a quella dei loro colleghi dell’Unione o del Nord America.
La vera anomalia è la ricerca privata. Il nostro sistema produttivo investe in ricerca e sviluppo tecnologico meno dello 0,4% della ricchezza nazionale. Negli Stati Uniti o in Giappone l’industria privata investe in ricerca e sviluppo il 2% della ricchezza nazionale: cinque volte più della nostra.
La struttura del nostro sistema produttivo è caratterizzata dalla marcata presenza di imprese piccole e piccolissime. Che da sole hanno difficoltà a competere, a organizzare la ricerca per competere nei settori più dinamici dei mercati mondiali. Occorre che sia la politica a trovare i modi attraverso cui questo particolare sistema produttivo possa acquisire una forte vocazione alla ricerca.
Sono queste le cause che spiegano perché l’Italia – unica tra i Paesi sviluppati – abbia scelto un percorso di «sviluppo senza ricerca».
Sono questi i numeri che spiegano il declino italiano.
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